di Riccardo Masini /

OK, ho da poco pubblicato su WLOG un unboxing. Non è il mio primo e non sarà certo l’ultimo, e alcuni si potranno chiedere: ma perché Riccardo non ha fatto la sua solita recensione, magari in tre pezzi? Perché il gioco in questione mi è arrivato da poco tempo e non l’ho ancora provato, ho replicato io, quindi non volevo mettermi a sparare giudizi su di un gioco di cui non ho ancora un’esperienza diretta. Ma, in realtà, non è stato solo per questo…
Questa cosa dell’unboxing, diciamocelo, sembra un po’ una di quelle strane creature mitologiche con due facce. Da un lato quella brutta, che conosciamo tutti: ti fai prendere dall’entusiasmo per il giocattolo nuovo nuovo, apri la scatola e guardi quanto è bello, ti immagini chissà che solo guardandone i pezzi e quindi senza la fatica di doverlo assemblare e provare, rimani vittima della bulimia da acquisto compulsivo che sta distruggendo il mondo del gioco, non ci fa approfondire nulla, porterà il boardgame all’estinzione come i dodo, i pinguini reali, i paguri a testa maculata del Madagascar… Eppure.
Eppure questa sfinge ha anche una seconda faccia, molto meno feroce e crudele. Anzi. E’ il volto di chi si avvicina ai componenti “inattivi” di un gioco come il chimico che esamina i reagenti prima di combinarli insieme. Li vede fermi, ancora separati sulle fustelle che trattengono le pedine o nelle buste di plastica che tengono sigillate le carte. Li apre, uno ad uno, questi elementi e si mette a studiarli come farebbe qualsiasi osservatore che utilizzi il caro vecchio (e diciamocelo, oggigiorno un po’ bistrattato) metodo scientifico di galileiana e finanche cartesiana memoria: suddividere un problema complesso nei suoi elementi più semplici, esaminarne la natura singolarmente e poi mettersi a studiarne le correlazioni.
Ecco, alle volte un unboxing può anche essere questa cosa qui, forse più per te che lo fai che per chi lo vede… ma se lo fai in un certo modo arriva così anche a chi lo vede. Riporti il tutto a quello “studio del potenziale dinamico” di cui parla Jim Dunnigan nel suo Handbook, ossia al fatto di piazzare le unità in mappa, osservarne le posizioni, contarne il numero e l’entità dei diversi fattori di gioco, e da lì cominciare a valutare tutte le diverse possibili variazioni del sistema, senza muoverne neanche uno.
Perché poi, e sembrerà un po’ paradossale dirlo, per giocarlo il gioco se uno vuole il tempo lo trova… ma quanti oggi hanno il lusso di prendersi del tempo per studiarlo un gioco, così, da fermo, ancora in potenza?
Allora forse anche l’unboxing assume una propria nobiltà, anche l’ammirazione di quel giocattolo nuovo nuovo e l’immaginare ciò che potrai farci, la gioia che ti potrà dare, i mondi in cui ti potrà condurre.
E il bello è che non hai bisogno che te lo faccia qualcun altro su YouTube o che tu stesso lo faccia per altri su di un tuo possibile canale YouTube… perché chiunque può regalarsi un unboxing tutto per sé, non appena gli arriva tra le mani un nuovo titolo, o perfino riprendere un vecchio titolo e ristudiarlo ancora, solo guardandolo, senza l’ansia di doverlo subito “usare” magari per sconfiggere qualcun altro, forzandolo e costringedolo ad una finalità competitiva interna alla sua funzione, ma talvolta esterna alla sua natura.
Provateci. Prendete la prima scatola che trovate, apritela, prendetevi tutto il tempo che volete per esaminarne uno alla volta tutti i pezzi che ci sono all’interno, e poi richiudetela, già consapevoli che quella volta il gioco non lo giocherete ma vi limiterete ad apprezzarlo senza pensare ad alcuno scopo che non sia l’apprezzamento del gioco stesso, di come funziona, di come si muove, di come in fondo è.
Forse, proprio come sto facendo io in questi giorni un po’ movimentati ma per nulla affrettati, riscoprirete un nuovo modo, più lento ma non per questo meno efficace, di apprezzare il nostro bellissimo e affascinante passatempo.

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