di Riccardo Masini /

C’è un paradosso riguardo al gioco di simulazione storico riguardante il wargame, ma non solo. Tutti noi appassionati siamo sempre alla ricerca del dettaglio, dell’approfondimento, dell’aspetto narrativo e magari anche dell’intuizione geniale del designer che riesce a rappresentare magistralmente una data dinamica storica… ma quando parliamo di bellezza della simulazione, beh, lì rimaniamo un po’ freddi. Indifferenti. Anzi, talvolta perfino un po’ ostili e sospettosi.
Cosa intendo con “bellezza”? Non l’eleganza o meno di un sistema, ossia il rapporto tra il “peso” delle sue regole e il “valore” della sua resa storica (di quella magari ne parleremo in un altro post a parte), bensì proprio la gradevolezza estetica dell’esperienza, intesa sia nel senso funzionale (la cosiddetta “interfaccia visuale”) che nel suo più puro significato di “piacevole aspetto” dei componenti di gioco.
E qui parte il paradosso, perché a sentire le opinioni di alcuni, se un gioco storico o peggio ancora un wargame è anche “bello” a vedersi, non solo la cosa non entra più di tanto nel giudizio, ma pare quasi che l’editore ci abbia fatto un dispetto.
“Strizza l’occhio agli eurogame”. “Lo fanno per vendere e inseguire il mercato”. “Non ha l’aspetto spartano che piace ai veri appassionati”. Queste le tre grandi obiezioni che sento più di frequente e alle quali, forse, vale la pena di replicare una per una.
Intanto, strizza l’occhio agli eurogame. OK, e allora? A parte il fatto che gli eurogame stessi utilizzano molte meccaniche sperimentate decenni fa nei wargames, cosa ci sarebbe di male in questo, esattamente? Di nuovo la spocchia come diciamo qui nell’Urbe (perché non ho altro modo di definirla) se non addirittura l’arroganza ci porta a guardare dall’alto in basso gli eurogame, degradandoli a mero “divertimento” per disconoscerne il valore e soprattutto gli elementi più interessanti e positivi, mentre invece qui sì che dovremmo essere noi “storici” a imparare dagli euro e mettere stavolta noi a frutto le loro lezioni.
Poi, lo fanno per vendere… e a me scappa da ridere. Perché sicuramente se metti delle carte, o curi di più l’estetica della mappa, butti dentro la scatola un mucchio blocchetti di legno (o, che il Cielo ce ne scampi, perfino delle miniature!) torme di eurogamers si getteranno a pesce su quel nuovo wargame da 12 ore, 750 pedine e 60 pagine di regole su argomenti poco trattati come il D-Day, le Ardenne o Waterloo… ma magari fosse! Magari bastasse questo per portare frotte di nuovi giocatori al nostro hobby, io ci metterei la firma! Sul fatto poi che aggiungere tali componenti “eretiche” alla simulazione finisca con l’impoverire, anziché *arricchire* il gioco storico penso di aver detto, scritto e registrato fin troppo: torno a lasciare la parola sull’argomento a gente come Herman, Ruhnke, Train, Luttmann, Holland, Angiolino e tanti altri che da decenni lavorano su questi sistemi alternativi da aggiungere al classico hex and counter.
Infine, il mio argomento preferito: il look “spartano”, che è il solo e unico aspetto degno di essere definito wargame. Peccato che fin dagli anni Settanta un simpatico ragazzo come Redmond A. Simonsen (che era “solo” il co-fondatore della SPI assieme a Jim Dunnigan) abbia deciso di dedicare la sua vita ad essere un “ingegnere dei sistemi grafici”, definendo convenzioni, interfacce, componenti di mappe, pedine, regole di ciò che chiamiamo oggi “wargame”… e che lo abbia fatto usando un approccio molto semplice: innovare, innovare, innovare… e così tanto innovare che molte delle sue soluzioni all’avanguardia per l’epoca come stili grafici, quadricromia, tabelle colorate, layout avanzati dei manuali sono in uso ancora oggi, e non solo nel wargame.
Senza contare che i famigerati “blocchetti di legno” sono entrati nella storia del wargame moderno (perché nel Kriegsspiel prussiano già c’erano da tipo un secolo e mezzo) grazie alla Gamma Two e ai suoi primi giochi come Quebec e Napoleon, annate 1972 e 1974, per giungere fino a noi nei cataloghi Columbia Games, Worthington e GMT.
Poi, io sono un appassionato di hex and counter, e per me il bello è anche semplice da ottenere: mi ricordo come qualche estate fa già a vedere una ventina di counter di un vecchio PRESTAGS della SPI sulla battaglia di Farsalo che giocavo con mio padre rimasi incantato di fronte a tale semplice bellezza, così commosso da cominciare a dissertare sul rapporto tra wargame e poiesis artistica aristotelica (anche da quelle belle giornate vennero fuori molte cose poi finite nel Gioco di Arianna).
Quindi, ancora una volta, il look “tradizionale” di un wargame e dei suoi componenti (se mai esiste qualcosa del genere) è evocativo, attraente, intuitivo, funzionale, innovativo e… bello.
Semplicemente, bello.
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