di Riccardo Masini /

Il recente post con cui qualche giorno fa David Ed Egle Heath poneva la domanda se LudoStoria si occupasse solo di Storia militare mi ha fatto sorgere alcune riflessioni alla mente.
La risposta la sapete già: LudoStoria non si occupa solo di Storia militare. Questo per due motivi molto precisi, ben delineati nel nostro Manifesto, ossia che (1) LudoStoria si occupa di ogni forma di gioco (2) il cui scopo è rappresentare eventi storici di qualsiasi natura. Ecco perché qui non ci occupiamo solo di wargame, nonostante diversi tra i nostri membri più attivi siano wargamer e quindi producano molti contenuti in tal senso: ci occupiamo di Storia a 360 gradi, e anche quando ci occupiamo di simulazione di carattere bellico non ci limitiamo alle sue forme più classiche ma diamo uguale dignità a ogni soluzione di design. Il tutto senza assegnare patenti di superiorità o condanne di inferiorità ad un regolamento basandoci solo sulla forma esteriore delle sue meccaniche.
Il fatto è che da noi su LudoStoria non solo l’espressione “Bello questo gioco… ma è un wargame?” non trova mai una vera risposta, ma proprio non ha molto senso. Qui ci chiediamo sempre “Bello questo gioco… ma è una buona simulazione storica?”. Un aspetto che riteniamo centrale e che va sempre ricordato, perché è una nostra caratteristica peculiare fondamentale.
Ma questo lo sappiamo già, basta leggere il nostro Manifesto a cui tutti aderiamo: le riflessioni che mi sono venute dal post di David sono altre.
Ossia, posto che della sua questione abbiamo ben definito il termine “LudoStoria”, possiamo dire lo stesso di “Storia militare”?
Perché proprio giocando sia ai titoli più innovativi della tradizione che alle più recenti proposte in linea con le nuove tendenze di design ci troviamo di fronte ad interpretazioni storiche realmente molto ampie di cosa sia realmente un “conflitto” . E non sto parlando solo di COIN e simili, ossia di giochi che si concentrano certo su conflitti irregolari e asimmetrici, però sempre facilmente riconoscibili come “momenti di confronto armato”.
Volete qualche esempio? OK, Maquis è un wargame? O meglio ancora, per rimanere alla concezione ampia di LudoStoria che abbiamo ribadito prima, è un gioco che si occupa di Storia militare? Parla di atti di resistenza dei civili nella Francia occupata che fanno attentati, raccolgono informazioni, liberano altri prigionieri… allora, Maquis è un “gioco di guerra”?
Andiamo avanti. Ta-Pum!, ora Soldati. Siete un gruppo di amici, siete in trincea, siete determinati a sopravvivere. Sì, chiaro, dovete compiere delle missioni. Ma non solo le meccaniche, la narrazione stessa del gioco vi porta a concentrarvi più sulla tenuta psicologica, sui traumi, sulle difficoltà relazionali dei personaggi che state giocando rispetto al momento bellico in sé, del tutto astratto e reso in maniera puramente combinatoria. Ciò che viene simulato è più il conflitto interiore che quello esteriore… che dite, Ta-Pum! è un “gioco di guerra”?
Un altro caso, Legion of Honor. Magnifico, evocativo, storicamente ineccepibile, praticato con il gruppo giusto diventa praticamente un gioco di ruolo con le carte, che vi trasporterà nel bel mezzo delle guerre napoleoniche, con duelli, corteggiamenti, atti eroici, intrighi politici… ma con tutto ciò, la rappresentazione puntuale dell’elemento bellico resta sullo sfondo, è quasi solo la scusa per il gioco più che il suo centro focale, tanto che alcuni appassionati hanno creato varianti apposite per ovviare a tale lacuna nella ricostruzione con rievocazioni maggiormente tattiche… ecco, Legion of Honor è un “gioco di guerra”?
Ultimo esempio, il solitario That Others May Live. Lo sto studiando in questi giorni, lo avevamo visto comparire sul gruppo. In pratica, dovete svolgere missioni di ricerca e recupero di piloti abbattuti in zona di combattimento nel Vietnam. Il risultato, ovviamente con le dovute variazioni, è qualcosa che potrei definire come una sorta di “Thunderbolt Apache Leader al contrario” in cui, invece di distruggere un obiettivo a terra, dovete salvare il vostro obiettivo ossia il pilota, eliminando la contraerea nemica o attirando lontano il loro fuoco con altri apparecchi civetta… dunque, That Others May Live è un “gioco di guerra”?
Non è facile dirimere tali questioni, e sicuramente molti di noi risponderebbero in maniera differente alle stesse domande. Però forse una sintesi possiamo trovarla e comprendere come da sempre anche nella tradizione, e sempre più oggi con le nuove tendenze di design il wargame stia ampliando il suo campo d’azione e quasi il suo valore semantico, includendo così tanti aspetti diversi da diventare non solo “gioco di guerra”, ma anche “gioco sulla guerra”. Su cosa essa comporti, su cosa essa determini su tanti livelli oltre a quello puramente cinetico, su cosa essa scateni anche negli individui e nelle società: insomma, su cosa essa sia in un senso più ampio, un interrogativo sempre più presente e trattato nella moderna storiografia militare.
Tornando a noi giocatori, tanti anni fa il grande Jim Dunnigan, fondatore della SPI, sosteneva che il termine “conflict simulation” fosse in realtà nato solo per nascondere i due termini “sgradevoli” che compongono la parola “wargame”: “war”, e “game”. E nel seguire le evoluzioni della storiografia che li ispira questi stessi giochi (simulando il momento bellico anche sul piano economico, politico, sociale, culturale e altro ancora) forse stanno ampliando così tanto il concetto di “war” da arricchire tutto il genere con nuove proposte, pur sempre debitrici alle grandi sperimentazioni degli anni Settanta e Ottanta.
Questo per il termine “war” e per la connessa concezione di cosa sia davvero la “Storia militare”. E magari in una prossima occasione ci occuperemo del secondo termine sgradevole a molti (talvolta perfino agli stessi wargamer): il “game”.
(PS: Tanto per essere chiari e per chiarire dubbi o altro sul nascere: per quel che mi riguarda, “di” o “sulla” guerra che siano, tutti i giochi che sono stati citati in questo thread sono da considerare dei wargame… e anche molto belli)
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