di Riccardo Masini /

Chi è venuto a trovarmi a casa, oltre ad ammirare la santa pazienza di mia moglie nei confronti miei e della mia non proprio sanissima passione per il gioco storico, avrà notato che nel corridoio che porta dal salotto alle camere da letto ci sono due librerie. Nella prima, trovate libri di arte, fotografia, letteratura, saggistica… nella seconda, ovviamente, giochi. Ma non giochi a caso, bensì quelli che io considero i miei “giochi di pronto impiego”. Quelli che posso prendere, aprire, intavolare e giocare sia da solo che con amici in visita senza particolare necessità di prepararli prima, anche quando non ho avuto modo di organizzarmi per riservare un certo numero di ore alla partita. Scatole che si aprono, regolamenti che si leggono al volo anche per la prima volta, mappe e segnalini che si piazzano sul tavolo… e poi si comincia a giocare: il tutto al massimo nell’arco di un quarto d’ora.
Inutile dire che quello è uno dei punti della nostra casa che amo di più e che talvolta passo un po’ di tempo a rimirarli e a chiedermi “Dove voglio andare oggi?”, pronto a saltare in un’altra epoca e in un altro luogo così, semplicemente e senza troppi pensieri.
Ora, non mi fraintendete. Ve l’ho detto tante volte, la mia passione per il wargame leggero è un qualcosa che si aggiunge alla mia passione per il gioco storico in generale, al massimo lo caratterizza, ma non lo costituisce in maniera esclusiva. Nel senso che non ho assolutamente niente contro i titoli “lunghi”, “elaborati”, che richiedono “preparazioni” meditate e pianificate. Tutt’altro, a chi lamenta questi aspetti di complessità sia concettuale che pratica come ostacoli per apprezzare un buon wargame o una buona simulazione storica, ricordo le campagne di gioco di ruolo con più sessioni che durano mesi, se non anni (e ne ho fatte, e più di una!). Va bene così, va davvero tutto bene così: se volete, potete dedicarvi unicamente a quei titoli, oppure non praticarli, oppure giocare a quelli come ad altri più rapidi e leggeri. Non sarete né più né meno wargamer o amanti della simulazione storica per questo, semplicemente esprimerete i vostri gusti in totale libertà, come è giusto che sia.
A patto che siano giochi ben fatti, chiaramente, storicamente plausibili, non semplicistici e non campati in aria… e se rispetteranno queste condizioni saranno giochi dello stesse identico valore del super “mostrone” da 60 e passa pagine, con 200 e più segnalini per parte, e otto sottosequenze per quattro segmenti per ciascuno dei due impulsi di ognuno dei suoi 36 turni. Un gioco storico non è “bello” o “brutto”, “valido” o “non valido” né sulla base della sua complessità né della sua semplicità: solo la correttezza e completezza della resa storica e la sua reale fruizione da parte dei giocatori sono metri di giudizio che abbiano un qualche senso quando parliamo di gioco di simulazione.
Ciò detto, però, e tornando alla mia libreria, questi titoli “apri e gioca”, pronti all’uso in qualsiasi momento e senza sforzi eccessivi ma al contempo storicamente validi e ludicamente ben realizzati, esercitano su di me un fascino particolare. Perché davvero mi danno l’idea che posso prenderli e viaggiare con loro un po’ ovunque, quando voglio, senza dover pianificare nulla, apprezzabili da tutti i miei amici ugualmente disposti ad accompagnarmi senza porre prima domande sulla loro esperienza o meno con questo tipo di giochi, con regole che non si propongono come un testo di esame con tanto di voto finale ma come un bel libro in attesa di essere letto.
Giochi “amichevoli”, che possono fungere da trampolino per altri titoli più elaborati oppure anche che possono restare con me e che posso esplorare più e più volte, magari scoprendone inaspettati livelli di profondità “nascosta”. Quante aperture ho provato e riprovato con Saladin? E quante diverse strategie ho sperimentato con 300? Per non parlare dei mille racconti che mi ha fatto vivere ad ogni partita l’ottimo Undaunted, in tutte le sue varie incarnazioni. O le mille battaglie nei tanti secoli coperti da Horse & Musket, così versatile e aperto da avermi permesso di crearne una mia “edizione speciale” più volte apprezzata in fiera anche da gente del calibro di Volko Ruhnke in persona! O ancora gli epici duelli di Wings of Glory. O i mille risvolti di un titolo Hollandspiele, in apparenza e in effetti così semplice e pronto ad essere “messo in moto”, però sempre capace di sorprendermi per quei tocchi di genio che li caratterizzano. O le inaspettate variabili di un titolo della Historical Game Company, semplicissimo nelle sue meccaniche ma ricchissimo di elementi non lineari con le sue carte (e ne parlerò ancora, e presto su WLOG di questa serie meravigliosa).
Insomma, ci siamo capiti. I titoli “apri e gioca”.
Quelli che li tiri fuori dalla scatola e anche se non li hai mai visti prima in pochi minuti li stai già facendo “girare” e che non ti richiedono tempi biblici per delle partite complete, risultando peraltro più facili da apprezzare nella loro interezza e quindi anche da provare e valutare. Giochi fatti per essere giocati a fondo, non per vantarsi di “averlo piazzato almeno una volta” e poi richiuso alla fine del secondo turno o senza essere arrivato al terzo scenario. Giochi che magari ti fanno scoprire eventi storici che non conoscevi, o te li fanno vivere in modi diversi dal solito, con nuove prospettive che ti va di sperimentare perché in fondo quel gioco tanto insolito è così semplice… e allora, perché no, proviamolo. Giochi anche che non escludono nessuno, che non impediscono di apprezzare il gioco storico a chi non ha un tavolo libero per tenere lo stesso gioco piazzato per settimane, o sette ore di tempo per giocarlo, o anche la freschezza intellettuale di leggere e assimilare decine di pagine di regole magari dopo una giornata di lavoro, con i tanti pensieri legati alla famiglia o alle tante altre preoccupazioni della vita che, sì, rimangono sempre più importanti dei giochi perché riguardano la vita vera, non quella simulata.
Giochi che mi riportano agli SPI e agli Avalon Hill della mia giovinezza, anzi della mia infanzia. Quelli che ti portavano in giro per i secoli con quattro, forse cinque pagine di regole e partite che non superavano un’oretta o giù di lì, e che apprezzavi da subito senza aver fatto corsi preparatori o chissà che studi preliminari. E che spesso, proprio come gli omologhi moderni, ti sorprendevano perché con tutta la loro semplicità ed eleganza erano in grado di garantirti una resa storica degli eventi rappresentati pari a quelli dei titoloni più lunghi e complessi. Anzi, talvolta pure superiore.
Giochi per tutti, giochi per i giocatori. Meno esperti, così che possano concentrarsi a capire cosa significhi nella sua essenza giocare con la Storia piuttosto che come farlo appresso a regole e regolette; più esperti, così che possano vivere in maniera più rilassata la situazione storica senza rimanere troppo vincolati alla ricerca spasmodica di questa o quella meccanica; un mix delle due cose, così che un principiante possa “incrociare le pinzette” con un veterano, trascorrendo una bella serata insieme a giocare e chiacchierare e incuriosirsi di Storia e dei giochi che ci aiutano a riviverla. In effetti, ora che ci penso, più che giochi per i giocatori… giochi per tutti i giocatori.
E adesso, basta, scusatemi ma devo scegliere se stasera voglio andare a difendere Rorke’s Drift dalle schiere dei formidabili guerrieri Zulu, oppure ricacciare i Britannici in mare dalle alture di Boston. Ho scoperto di avere un’oretta o giù di lì libera dopo cena, prima di andare a dormire che domani si torna al lavoro, e voglio passarla così.

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