di Riccardo Masini /
Ancora Roma antica. Ancora temi e approcci alternativi al gioco di simulazione storico. Ancora Hollandspiele.
HOLLAND, MIA CARA HOLLAND
Ebbene sì, rimaniamo in “casa Holland” con uno dei loro titoli in effetti più risalenti nel tempo, di quelli che quando uscirono in tanti dissero “Oh, ma che roba carina che fa questa piccol… ehi, un attimo… ma cos’è questa cosa?”. E lì capimmo che Hollandspiele sarebbe stato un sinonimo per “gioco storico sì, pure semplice nelle regole, ma diverso rispetto a tutto quello che hai visto finora”.
Perché ci vuole del talento, va detto. Ci vuole del talento a scegliere un’ambientazione che più classica non si può, la Roma protagonista di tipo l’ottanta per cento dei giochi sull’antichità (con il povero Alessandro a prendersi il resto)… però virare più che sul militare, sul politico alla Republic of Rome… ma farlo per due giocatori anziché per tanti… eppure mantenendo lo stesso simpatico clima da “ti pugnalo io prima che mi pugnali tu”… però non semplicemente un po’ di volte per partita. O neanche una volta ogni turno. No.
Ad ogni.
Singola.
Mossa.
“Una lotta al coltello in una cabina telefonica, ma vestiti in toga”, così alcuni hanno definito questo gioco, ed era anche un eufemismo. Perché si gioca tutto su una mappa concettuale dello scontro politico nella Roma Repubblicana, quel bel periodo costellato di episodi simpatici come esili politici, intimidazione delle cariche pubbliche tramite bastonamenti e incendi delle case, rivolte armate per le strade, stragi di oppositori politici… una fase della storia di Roma così terribile che alla fine le liste di proscrizione di Silla e le epurazioni di Mario furono salutate quasi come una soluzione molto più razionale e accettabile: almeno sapevi chi sarebbe morto ammazzato (magari perché il suo nome lo avevi fatto tu, prima che lui facesse il tuo), se ne sarebbe occupato lo Stato con soldi e forza pubblica, e tutto sarebbe stato più ordinato. Quasi legale, in un certo senso.
HAEC POLITICA EST, GENTES!
Ma torniamo a noi, che viviamo in tempi molto più civilizzati (rumore di risate in sottofondo).
Su questa mappa concettuale, dicevamo, come capi della fazione degli Ottimati (leggi senatori, patrizi e ricchi mercanti) o dei Popolari (leggi tutto il resto della città) spostiamo senatori, approviamo leggi, corteggiamo questo o quel blocco sociale per ottenere cariche pubbliche… talvolta perfino con mezzi perfino leciti quali maggioranze in Senato o esercizio dei propri legittimi. Talvolta perfino.
Più spesso lo facciamo comprando senatori, intimidendoli, bloccando leggi a ripetizione, mandando gente in esilio, facendoli “accidentalmente” capitare in mezzo a dei pericolosi tumulti… quello che ci siamo detti prima, insomma. Tutto viene gestito spostando fisicamente segnalini dell’orientamento di una legislazione specifica (gestione dei debiti, riforma agraria, distribuzioni di grano) o anche i senatori con la propria influenza a suon di soldi e punti politici. C’è anche spazio per un po’ di alea, visto che per le azioni più drastiche e violente serve tirare un dado e vedere cosa succede.
La dinamica di base a tutto ciò è che qualsiasi azione facciamo genererà una reazione, positiva o negativa, in un blocco sociale. Cancellare i debiti farà felice il popolo ma farà infuriare i mercanti (e quella bella e redditizia carica dell’edile te la scordi al prossimo giro di elezioni). La riforma agraria piace a tutti tranne che (ma guarda!) ai grandi proprietari terrieri. E così via, con differenziazioni delle reazioni e delle tracce se lo spostamento avviene ad opera dell’una o dell’altra fazione. Piccolo tocco di classe, l’estensione della cittadinanza: perché gli Italici che fai entrare nell’agone politico cittadino saranno felicissimi, ma se poi ad un turno dopo immetti una seconda ondata di nuovi cittadini, gli stessi ex Italici della prima tornata (ora più Romani dei Romani) saranno i primi ad infuriarsi perché dovranno dividere i loro nuovi diritti con gli ultimi venuti!
Lo stato del Senato e il predominio nelle classi sociali determinerà l’esito delle elezioni e quindi della suddivisione delle cariche (con i relativi poteri di interdizione), mentre dall’orientamento della legislazione e altre variabili arriveranno soldi e punti influenza: il “capitale politico” da spendere nel turno successivo.
Si va avanti praticamente all’infinito, finché una delle due fazioni non ottiene il predominio sull’altra, cosa che di solito accade dopo 60-90 minuti di partita. Che però saranno i 60-90 minuti più tesi che avrete passato negli ultimi mesi.
BELLA ROMA… MA NON CI VIVREI
E’ proprio questa tensione a generare l’attrattiva principale di un gioco che, visto da lontano, ha lo stesso fascino di un foglio Excel neanche troppo variegato. Eppure, quando ci sei dentro non te ne stacchi e cominci a complottare praticamente con te stesso per avere una carica che ti permetta di raccogliere abbastanza per pagare un sicario che il turno dopo potrà far fuori quel maledetto tribuno dell’avversario, prima che questi possa bloccare l’offensiva sulla legge agraria che stai preparando da… ecco, ci siamo capiti.
Insomma, parliamo di un gioco di Amabel Holland vecchio stile, quindi molta caratterizzazione si perde (non c’è un nome proprio che sia una, o una data, o un qualsiasi riferimento ad uno specifico evento storico)… ma le dinamiche ci sono tutte, rese in maniera impeccabile e con un regolamento di poche pagine, per quanto densissime.
Quindi, se volete davvero sapere cosa si provava a fare politica nella Roma Repubblicana, questo gioco fa per voi… ma ricordate che non è necessario tenere un coltello nascosto sotto il tavolo per giocarlo.
Anche se, ripensandoci, può far sempre comodo…







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