
di Riccardo Masini /
Prendi in mano questo librogioco e vedi che è sulla Campagna di Russia. Fuori fa un caldo assurdo e quindi ti viene anche un po’ da scherzarci su col fatto che “Beh, giochiamoci un po’, così mi sentirò al fresco.” Solo che già al terzo salto di paragrafo capisci che non c’è nulla da ridere e ti ritrovi in mezzo alla steppa. E non sai come uscirne.
ROADS TO MOSCOW
OK, di che parliamo? Di una roba particolare, un librogioco non a tema fantasy, fantascientifico, giallo, horror o che volete voi, ma storico. Non sono molti (purtroppo), ma è un sottogenere di quelli che quando funzionano regalano piccoli gioielli. E quest’opera di Manuele Giuliano che, insieme a Battlefields of the Napoleonic Wars di Paolo Mori, inaugura il catalogo della Ingenioso Hidalgo funziona. Per certi versi anche troppo bene.
Vestiamo dunque i panni di Umberto Costanzi, alpino di Saluzzo parte del corpo di spedizione italiano in Russia, che come da tradizione si ritrova con la propria scheda personaggio… ma già in tema, ossia sotto forma di libretto militare che riporta le sue condizioni fisiche (e se ne accumula quattro di negative a Saluzzo il nostro Umberto non ci tornerà più), i punti narrativi salienti trascorsi da cui dipendono diversi passaggi successivi, i pochi oggetti in suo possesso: e già qui capite che sul Fronte Orientale sapere quando e per cosa barattare quattro sigarette è una dote di sopravvivenza fondamentale, o che avere un paio di calzettoni e magari una fiaschetta di grappa rappresenta la differenza tra il tornare a casa o meno.
Vi state già divertendo?
IN THE FOOTSTEPS OF NAPOLEON
Ora, noi abbiamo una certa idea collettiva della ritirata dalla Russia. Un’idea che parte già dal nome con cui la definiamo, ossia una lunga marcia verso Ovest da parte di eserciti in disfatta inseguiti dall’Armata Rossa, costretti a percorrere infinite distese di fango e neve, tormentati dal freddo e dalla fame. Il che è, almeno in parte vero, ma è forse più vicina alla campagna napoleonica in Russia piuttosto che a quella della Seconda Guerra Mondiale. Qui i reparti dell’Asse andarono in ripiegamento, sì, ma per un periodo di tempo molto maggiore, spesso rimanendo fermi in alcuni settori per settimane se non per mesi, altre volte dovendo aprirsi la strada combattendo per uscire dalle famigerate “sacche”: accerchiamenti progressivi delle proprie posizioni, con il rischio di finire quasi peggio che ammazzati… prigionieri.
Ciò portò ad una serie di azioni davvero disperate in cui sparuti drappelli di fanti tedeschi, italiani, ungheresi, rumeni e quant’altro erano costretti a lanciarsi all’assalto di truppe sovietiche in avanzamento, spesso meglio equipaggiate e rifornite, prima che queste consolidassero capisaldi capaci di tagliare la ritirata di interi corpi d’armata. In questi momenti, al di là di quel che ci propinano certa cinematografia e perfino certa letteratura specialistica, le “ondate umane” erano quelle dell’Asse contro truppe sovietiche meglio comandate che perfezionavano l’arte della manovra in profondità con ben maggiore abilità operazionale. O questo o interi reparti, qui più spesso tedeschi, costretti a difese sempre più elaborate di capisaldi fissi e isolati, il cui scopo era (se va bene) rallentare la controffensiva nemica e più spesso (se va male) farsi ammazzare in maniera non proprio utilissima.
E in tutto ciò, missioni su missioni su missioni, con ricognizioni, assalti, perlustrazioni notturne, scorrerie varie, difese all’ultimo uomo di capannoni contenenti gli ultimi poveri viveri… tutta roba di cui le pagine di questo librogioco sono stracolme, e che ci restituiscono una visione meno mitizzata, per nulla consolatorio, sicuramente più plausibile di cosa doveva significare realmente il tanto famigerato “Fronte Orientale”.
TWO BROKEN TIGERS ON FIRE IN THE NIGHT
Ma se noi ci chiediamo costantemente quale sia il livello di ricerca storica e di dettaglio presente in un wargame per definirlo più o meno degno di questo nome, come classificare questo che sicuramente non è un wargame e per sua esplicita scelta? Sicuramente come un libro esperienziale, d’accordo, quasi un romanzo di (de) e (in)formazione, ma anche come il prodotto finale di uno studio, uno sforzo di documentazione, un tentativo di riportare realmente in vita questo terribile frangente del più terribile dei conflitti umani (finora). Insomma, sì, come una simulazione e fatta bene, in cui mappa e segnalini lasciano spazio a paragrafi e appunti su quel libretto di servizio, ma in cui domina sempre l’unico, vero elemento che ci fa dire se un gioco è o meno una simulazione, nel caso in cui parli di guerra è o meno un wargame: scelte, scelte e ancora scelte. Scelte frutto di ricerca storica, scelte che si consolidano nel sistema dei checkpoints che fanno da scansione narrativa del tutto, scelte che definiscono il nostro cammino in maniera imprevedibile, scelte che possiamo fare e rifare infinite volte senza capire se sono giuste o sbagliate… come un colpo di fucile a un ladro nella notte, il nome di una divisione detto a caso per farsi smistare, la decisione di prendere un pacchetto di sigarette o un paio di stivali ad un morto trovato per caso, una granata russa recuperata chissà come e lanciata alla cieca in un vicolo.
E poi, appunto, la devastazione. I corpi smembrati, i brandelli non più umani, i rumori assordanti, la paura che ti prende, il freddo che ti toglie la tua stessa umanità, la fame che ti rende ciò che non sei… gli orrori, quelli veri, che si fanno beffe di quelli finti che può inventare il cinema.
Questo non è cinema, bellezza, questo non è romanzo: questa è realtà, sono cose che sono accadute davvero. Roba che fa una paura terribile, che ti paralizza e allo stesso tempo ti fa andare avanti.
E ti fa capire che questo libro non ti è piaciuto. Ed è per questo che ti piace così tanto che tutti lo giocassero, di modo che non piacesse a nessuno.
I’M COMING HOME, I’M COMING HOME…
Un paradosso? Solo uno dei tanti. Perché è giusto che questo libro non ti piaccia, è il suo senso, è il suo scopo, è ciò che ti ricorda che sei ancora (almeno un po’) un essere umano. Un libro che mi ha ricordato quanto e perché giocare a wargame sul Fronte Orientale non mi piaccia, e allo stesso tempo mi ha fatto venir voglia di giocarli. Perché lo voglio vedere su di una mappa cosa significa quel maledetto attacco in 1:1 con modificatore -2 per territorio urbano, lo voglio vedere cosa significa quel “3” sul dado che ti fa prendere l’esagono perdendo uno step di perdita, provando esattamente cosa ho provato nel leggere la stessa equazione espletata frase dopo frase, paragrafo dopo paragrafo, scelta dopo scelta in questo maledetto volumetto che amo e odio al tempo stesso. Così tanto che non so quando lo riprenderò dopo la mia triste e oggettivamente poco utile (ma non meno tragica e commovente) fine, cosparsa di ricordi di compagni, bevute, cucchiaiate di polenta che paiono piatti da re, ufficiali lasciati allo sbando, muli più umani degli umani… ricordi anche di quel sergente delle Quattro Giornate di Napoli interpretato da Volonté, che ha perso una mano in Russia e per questo scopre (non troppo tardi, ma nel momento giusto) cosa significhi davvero combattere per la libertà con il rigore, la forza, l’intelligenza, il valore di un vero soldato.
Dunque, quanta sofferenza, quanto sangue, quanti arti divelti, quanta carne bruciata serve trovare in queste pagine per comprendere cosa sia realmente la guerra? Troppo, forse, o non abbastanza. Per questo è un libro che non mi è piaciuto e non so quando riprenderò in mano. E lo ritengo meraviglioso proprio perché non mi è piaciuto, perché non mi doveva piacere, e lo consiglio a tutti coloro che leggeranno queste mie parole nella speranza che lo leggano e poi anche loro decidano di non prenderlo più in mano dopo un primo “giro”, finché non si sentiranno di nuovo pronti, consapevoli però di non esserlo proprio come il nostro povero Umberto.
Un libro da leggere quando è giusto giocarlo per divertirsi, nel senso più alto e terribile delle parole “gioco” e “divertimento”. Un libro di cui volevo parlare nel gruppo per ricordare a tutti che qui non ci occupiamo solo di wargame, griglie geometriche e tabelle, qui noi ci occupiamo di Storia da giocare in ogni modo e in ogni suo aspetto. E sì, la Storia talvolta (spesso) passa anche da un pacchetto di sigarette nazionali italiane sperse nella steppa russa… e nel capire perché e come ci sono finite, fumandone idealmente una mentre attendi di vivere il prossimo capitolo della tua vita. Sperando che non sia l’ultimo.

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