di Riccardo Masini/
OK, dopo tutti questi eventi, un po’ di relax. Quindi giochiamo tranquilli, a casa, magari un solitario… magari piccino piccino… ma, ehi, così piccino da stare sul cassettino del mobile PC assieme alla tastiera!?
Eh, sì, così tanto piccino. Perché è un pocket wargame, di quelli della Worthington, che praticamente ti metti nella tasca del giaccone con tutta la scatola. E che girano pure bene, soprattutto se stavolta a farli è quel volpone di Dan Fournie, autore di altri due titoli della Worthington su Ardenne e Fronte Occidentale, oltre che di Baetis Campaign (Rebel Fury su scala operazionale nella Seconda Guerra Punica) e diversi moduli aggiuntivi della GBoH per C3i.
BELLA LA PROVENZA IN ESTATE… PERO’ NON NEL 1944
Già il nome dell’operazione ha una storia a sé. Il primo nome doveva essere Operazione Anvil (Incudine), nel senso che mentre il martello premeva da nord (ossia dalla Normandia di Overlord e poi Cobra), per migliorare la gestione logistica dell’invasione a Sud in Provenza si sarebbe dovuta formare l’incudine, nel senso di cattura dei grandi porti francesi del Mediterraneo, in primis Marsiglia. Il perché è chiarissimo a chiunque abbia giocato l’anno scorso Keep ‘em Rolling: Race to the Rhine ai tavoli LudoStoria della San Marino Game Convention e del BG Storico a Play, in particolare chi ha impersonato Patton: quel punto di approvvigionamento che ti compare a mezza mappa sul lato sud ti serve come il pane per correre appresso ai Tedeschi in ritirata verso Metz e la Baviera.
Il problema è che questo “secondo secondo fronte” non aveva convinto tutti. Men che meno Churchill, che già era poco convinto di tutta Overlord, figurarsi di questa ulteriore deviazione dal suo “geniale” piano chiamato Campagna d’Italia… tanto che l’Operazione fu rimandata cinquanta volte e alla fine a tal punto modificata da assumere un altro nome: Operazione Dragoon (Dragone), testimoniato anche dalla sbarretta che trovate sulla scatola sopra il primo titolo Anvil. E Churchill, scherzando, disse che si chiamava così perché lo avevano “dragooned” (in inglese, “costretto suo malgrado”) ad accettarla soprattutto i Francesi che ovviamente non vedevano l’ora di darle ai loro connazionali di Vichy (quei pochi che restavano in giro) e riprendersi pezzi della sacra patria gallica.
Come che sia, alla fine partì anche Dragoon, con due obiettivi fondamentali: catturare i suddetti porti francesi sul Mediterraneo (check: ci riuscirono) e catturare anche quante più possibili formazioni tedesche in rapida ritirata da Sud e da Ovest prima che si ricongiungessero ai loro compagni d’arme dietro la Linea Sigfrido (non check: qua non ci riuscirono per la solita unità panzer scassascatole che ci si mise di mezzo).
Condire il tutto con azioni di paracadutisti (che trovate in un altro gioco tattico più convenzionale sempre dello stesso autore, Dropzone: Southern France) e di partigiani francesi sparsi qua e là.
LE CONVERGENZE PARALLELE
Tutto questo nel gioco lo trovate eccome: la tabella di marcia strettissima, i Tedeschi in fuga ma che se gli gira male sono ancora capacissimi di mollare i manrovesci corazzati insegnati dal “simpatico nonnino” Von Manstein, i Francesi che non si parlano con gli Inglesi che gli stanno sul cavolo gli Americani, i partigiani che compaiono qua e là e poi si disperdono, gli aerei che sono bellissimi quando ci sono ma che alla prima goccia di pioggia li saluti… e altro ancora.
Ora, alla base dei primi due pocket wargame c’erano dei semplici (ma efficaci) push your luck basati sul principio degli States of Siege: hai delle linee su cui si muovono i nemici e devi tenerli a bada tirando un dado casella dopo casella, agendo sui modificatori sulla base dell’investimento o meno di risorse e punti azione. Nel pocket sul Pacifico le linee convergevano sul Giappone (e quindi avevi uno States of Siege “rovesciato”: anziché tenere lontani i nemici dal tuo punto centrale, devi spingerceli dentro), in quello sulla Guerra del 1812 (altrimenti nota come “il conflitto del Nord America di cui si ricordano tre Americani, due Britannici e un Italiano”… indovinate come si chiama) le linee erano staccate tra di loro, ma quello che facevi in un teatro operativo influiva anche sull’altro. Qui invece è diverso, e la diversità si basa non su di una meccanica, bensì sulla situazione storica (quindi, sì è un wargame, sì è una simulazione, sì è un wargame simulativo per quanto semplificato: come si dice “stacce” in dialetto di Marsiglia?).
Perché l’ideona degli Ammerigani fu che mentre i Francesi si divertivano a riprendersi Cannes, Marsiglia e Tolone per godersi le rispettive parate (spoiler: ci riuscirono, ma fu DURISSIMA), un primo corpo d’armata avrebbe fatto una lunghissima deviazione per tagliare la ritirata alle unità tedesche spinte sulla strada di Avignone da un altro corpo d’armata alle loro spalle. Appuntamento finale, a Montélimar, con però un’unità panzer tedesca in copertura come ospite inatteso… e il gioco spiega benissimo perché questo nome è conosciuto come una delle più terribili battaglie dell’intera Seconda Guerra Mondiale.
A livello di gioco questo significa che dovrete calibrare con attenzione i punti azione variabili che avete, capendo quando spingere i Francesi verso la costa a riprendere le città e quando invece concentrarvi sugli Americani e la loro bella trappola, descritta in maniera perfetta dalla meccanica di queste due linee che partono staccate e indipendenti per ritrovarsi in un unico punto (non a caso, la gestione delle ritirate da quel punto rappresenta l’unico elemento delle regole che richiede un paio di letture per essere compreso bene). Un ritardo da una parte o dall’altra, un’unità di partigiani che doveva garantirvi il reroll che invece viene neutralizzata dal tiro del bot tedesco, un attacco aereo per quel cruciale +1 annullato invece dal maltempo… e vi ritrovate a dover correre come dei matti. Ritirarvi non vi ritirerete mai (siete davvero troppi), ma i contrattacchi tedeschi potrebbero bloccare le vostre unità e farvi perdere tempo a riorganizzarvi, come anche attivare “difese disperate” delle unità germaniche rendendole ancora più ostiche da sloggiare. E poi c’è l’11a Panzer di cui sopra a rompervi le scatole ben bene.
Questo con la gentile partecipazione dei parà britannici al confine con l’Italia che mettono in fuga altri Tedeschi verso le Alpi e una gestione degli sbarchi che potrebbe andare storto anche in presenza di mere unità statiche, imponendo altri stop imprevisti.
UN ALTRO D-DAY, UN ALTRO TIPO DI AUTORE
Mi è piaciuto? Certo che sì, questi pocket wargame in solitario della Worthington sono molto belli, divertenti, ben curate nei componenti di gioco e come vedete dalle foto si giocano davvero ovunque. E poi… e poi Dan Fournie. Io sto sviluppando una piccola venerazione per questo autore, che ti prende le campagne più classiche del wargame e te le rilegge in giochi che hanno quattro regole in croce ma storicamente ben fatte.
La strana manovra di questo strano secondo D-Day la rende tutta, e anche se si tratta di un push your luck a botte di dado (e di altro…), la gestione delle risorse dal punto di vista tattico e di dove esercitare lo sforzo maggiore in quel momento dal punto di vista operazionale vi riportano alle scelte di massima dei comandanti alleati. Chiaramente la rigiocabilità potrebbe soffrirne… ma siamo onesti: quanto spesso lo giocherete questo bel passatempo che vi prende mezzoretta e qual è il rapporto tra il divertimento (e la conoscenza storica) che vi dà in rapporto al prezzo così contenuto? E’ il classico gioco che ci faccio due partitelle una sera tornato dal lavoro, o quando sono in viaggio che in valigia mi occupa meno posto del rasoio elettrico, poi lo lascio da parte per 3-4 mesi e poi lo riprendo all’occasione successiva, magari alternandolo con gli altri della stessa serie.
Il formato funziona, il gioco c’è e la Storia pure. Non è banale, vi fa ragionare, vi prende. Per me questo per un pocket wargame solitario è più che sufficiente, poi ovviamente se voglio andare più in là sull’aspetto simulativo scelgo altre cose e mi diverto ma in altra maniera.
Eh, caro Dan, ce l’hai fatta anche questa volta… e adesso mi tocca provare il tuo Dropzone…





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