di Alberto Brescancin /

La prendo larga, vi avviso.
9 maggio di qualche anno fa, lezione di lingua russa all’università, secondo anno.
Irina, la docente madrelingua, ci parla della durezza del fronte orientale. Il tono è serio, non commosso ma ruvido e, essendo nata e cresciuta in Bielorussia, condivide con una ventina di giovani studenti italiani gli errori e gli orrori di un conflitto che va ben oltre le cifre dei caduti riportate sui libri di storia. Parla di famiglie, di amici, di vicini di casa, di colleghi, parla di persone. Poi però, la tensione viene tagliata da una domanda secca.
“Perché i sovietici hanno vinto, secondo voi? Cosa avevano in più rispetto ai nazisti?”
Silenzio in aula. Siamo tutti colti alla sprovvista. Dopotutto, questa è un’esercitazione di lingua russa, non una lezione di storia militare.
C’è chi parla della capacità di mobilitazione. Qualcuno cita il T-34 e la produzione bellica sovietica. Altri tirano in ballo le difficoltà logistiche dei tedeschi.
La docente annuisce, dicendo che si tratta senz’altro di fattori importanti, ma ne manca uno.
Sfiniti, alziamo bandiera bianca.
“Ragazzi, la risposta è nelle scarpe! I tedeschi avevano calzini, noi avevamo portjanki!”
Ebbene sì, l’Armata Rossa si preoccupava di fornire costantemente ai propri soldati delle bende con cui fasciare i piedi. Il nome di queste bende, in russo, è appunto portjanki… da noi note come pezze da piedi.
Più economiche da produrre e universalmente adattabili a ogni taglia di piede, le fasce fornivano vantaggi non indifferenti. Si lavavano e asciugavano in fretta, erano più adatte ai rozzi stivali sovietici, potevano essere realizzate con diversi tipi di tessuto, si rivoltavano facilmente quando i piedi erano sudati e, essendo il piede avvolto da due strati di tessuto, stava bene al caldo. Versatilità e praticità erano quindi valori aggiunti in terreni spesso fangosi, umidi, coperti da nevischio o durante il disgelo primaverile, nelle marce sotto la pioggia o nelle torride giornate estive.
Chi l’avrebbe mai detto che, in una classe di lingua russa, si potesse maturare una maggiore consapevolezza sull’importanza da dare, in ambito militare, al terreno e alle condizioni dei piedi della propria fanteria?
Ah, per la cronaca, le portjanki non sono un’invenzione sovietica: già note come “calzatura” nelle aree slave orientali e finniche, erano usate dall’esercito russo sin dai tempi antecedenti al regno di Pietro il Grande. Ampiamente utilizzate negli eserciti dello spazio post-sovietico, sono state “dismesse” dall’esercito russo solo nel 2013.
Altra nota utile: anche la Wehrmacht prevedeva la fornitura di pezze da piedi (Fusslapen), diverse però da quelle sovietiche per dimensioni, forma, modalità di utilizzo e diffusione tra i soldati. In soldoni, i tedeschi le usavano meno e “peggio” dei sovietici. Che, alla fin fine, hanno rivoltato la Wehrmacht…come un calzino.
Dato il tema e la giornata, vi chiedo quindi: parlando di fronte orientale, qual è il vostro gioco preferito, e perché?
[In foto: “Chotjat li russkie vojny”, trad. “I russi vogliono la guerra?”, di Jurij Gorelov, 1962. Si vede un soldato aspettare che le sue portjanki si asciughino al sole]

(Ti è piaciuto questo articolo? Commentiamolo insieme sul gruppo Facebook LudoStoria!)